venerdì 17 dicembre 2021

Ludwik Zamenhof, l’Esperanto e il progetto di una lingua universale

1. La ricerca di una lingua universale.

Nel corso della storia numerosi intellettuali, filosofi, teologi, maghi, diplomatici hanno affrontato il problema della molteplicità delle lingue nel mondo. Secondo la Bibbia, tale fenomeno sarebbe la punizione di Dio per un peccato di superbia compiuto dagli uomini. In molte culture, si è diffusa l’idea che sia possibile lavare e curare la ferita della molteplicità delle lingue con una lingua perfetta, una lingua universale.

Alcuni cabalisti e maghi come John Dee e Jacob Bohme hanno cercato di ricostruire la lingua originaria dell’umanità. Altri come John Wilkins e George Dalgarno hanno cercato di costruire una lingua che esprimesse in modo perfetto la natura più intima delle cose attraverso un simbolismo ardito. Altri ancora hanno cercato di costruire una lingua con una grammatica semplice e con vocaboli che tenessero conto delle radici comuni alle varie lingue. È il caso dell’esperanto.

L’inizio del Padre nostro nell’essay di Wilkins

Opera di Dalgarno

2. Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917)

Il progetto di una lingua universale è stato diffuso al di fuori dei cenacoli dei linguisti e degli intellettuali dal medico Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917). A Białystok, sua città di origine vivevano quattro gruppi etnici: russi, polacchi, tedeschi ed ebrei. Ciascuno di questi gruppi parlava una lingua diversa e aveva relazioni precarie con i membri degli altri gruppi. Questa situazione traumatizzò sin dalla giovinezza il giovane Ludwik e lo portò a pensare che “la diversità di lingue è la sola causa o almeno la principale che allontana la famiglia umana e la divide in fazioni nemiche”.

A partire dal 1878 cominciò ad elaborare un progetto di lingua universale. Tale ricerca lo pose in urto con il padre che gli tolse i manoscritti e li bruciò. Gli impose di non occuparsi di tali argomenti e di intraprendere lo studio della medicina.

Zamenhof si trasferì a Mosca dove conseguì la laurea in medicina, si specializzò in oftalmologia e continuò gli studi sulla lingua e sull’origine delle lingue. Nel 1887 pubblicò Unua libro, il primo libro della  lingvo internacia,  la lingua internazionale, sotto lo pseudonimo di “Doktoro Esperanto”. Questo testo contiene le 16 regole fondamentali dell’esperanto e i primi 900 vocaboli. Scriveva nel libro queste parole: “sono cosciente che nella propria vita privata ogni uomo ha il pieno e insindacabile diritto di parlare quella lingua o dialetto che per lui è il più piacevole, e confessare quella religione che maggiormente lo soddisfa, ma nella comunicazione con uomini di altre lingue o religioni deve adoperarsi di usare una lingua neutrale e vivere secondo etica e costumi neutrali.”.

Il libro fu pubblicato prima in russo, poi in ebraico e polacco, e subito dopo, nelle lingue occidentali, man mano che si formavano circoli esperantisti nei vari stati europei. Zamenhof fondò anche una rivista: La Esperantisto.  

Tra i primi e più entusiasti sostenitori dell’esperanto ci fu Lev Tolstoj. Nel 1905 ebbe luogo il primo, solenne, congresso internazionale esperantista, a Boulogne-sur-Mer (Francia), dove presero parte 688 esperantisti provenienti da svariati stati e tra gli altri anche il Ministro della Pubblica Istruzione francese, il sindaco di Parigi, e diversi scienziati famosi.

La sua fama raggiunse l’apice in quegli anni tanto che Doktoro Esperanto fu candidato ben 12 volte al Premio Nobel per la Pace. Morì nel 1917 in profonda angoscia per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

3. L’ Homaranismo.

Zamenhof collegò l’esperanto ad una propria filosofia denominata Homaranismo, che è una forma di umanesimo laico.  Secondo questa visione l’umanità è considerata come “un’unica famiglia”, e purtroppo “la separazione dell’umanità in diverse etnie reciprocamente nemiche e in comunità etnoreligiose è una delle più grandi infelicità che presto o tardi devono scomparire.”. Così scrive nel primo principio della Dichiarazione sull’Homaranismo.

Il secondo principio è estremamente eloquente: “Vedo in ogni uomo solo un essere umano, e lo valuto solo secondo il suo valore personale e le sue azioni. Considero come una barbarie qualsiasi tipo di offesa o di oppressione nei riguardi di qualcuno che abbia un’etnia, lingua, religione o classe sociale differente dalla mia.”. Questo principio sarà accolto nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo dell’ONU.

Il terzo principio è un rifiuto del nazionalismo: “Sono cosciente che ogni paese appartiene né a questa né a quella etnia, bensì in egual diritto e in egual misura, a tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro origine, lingua, religione o ruolo sociale; l’identificazione degli interessi di un paese con gli interessi di questa o quella etnia o religione e qualsiasi tipo di diritti storici presunti su quali si fonderebbe la pretesa di una sola etnia di governare sulle altre e di disconoscere a loro il più elementare e naturale diritto alla patria, io li considero come un residuo dei tempi barbari, quando esisteva solo il diritto del pugno e della spada.”.

4. Alla diffusione dell’esperanto ha contribuito moltissimo la massoneria internazionale con tutte le inevitabili speculazioni da parte dei giornali e dell’opinione pubblica. I critici danno per scontato che Zamenhof fosse massone, anche se non esiste alcun documento presso la Gran Loggia di Polonia in tale senso.

Il messaggio dell’esperantismo fu accolto dal Baha’ismo una religione nata in Persia e lì perseguitata. Lidia, la figlia di Ludwik Zamenhof ed illustri esperantisti come Alessandro Bausani vi aderirono.

Nonostante il successo, l’esperanto e le associazioni ad esso collegate non ebbero vita facile. Nel 1920 fu presentata una petizione in favore dell’esperanto alla Società delle Nazioni che fu bloccata dal voto contrario del governo francese. Qualche anno più tardi, Hitler condannò nel Mein Kampf sdegnosamente l’esperanto, l’esperantismo e qualsiasi progetto di lingua universale. Alcuni membri della famiglia di Ludwik Zamenhof furono sterminati nei campi di concentramento nazisti.

Anche l’Unione Sovietica di Stalin si affrettò a bandire l’esperanto. In molti stati totalitari, gli esperantisti furono perseguitati e uccisi.

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale le organizzazioni internazionali come l’ONU, l’UNESCO e l’Unione Europea hanno avuto modo di occuparsi dell’esperanto e di una sua eventuale introduzione.

Sulla necessità sono tornati spesso alcuni linguisti come il già citato Alessandro Bausani (1921-1988), autore tra l’altro di Le lingue inventate e soprattutto Mario Pei (1901-1978) che ha pubblicato One language for the world.  Su internet esistono numerose associazioni di costruttori di lingue (https://conlang.org/). Ci sono anche i software che permettono persino di elaborare gli alfabeti e i dizionari.

Addirittura Berlinghiero Buonarroti e Paolo Albani hanno pubblicato Aga megera difura, un dizionario che raccoglie tutti i progetti di lingua internazionale, pasigrafie, lingue immaginarie, lingue sacre.

Il grande Umberto Eco ha dedicato a questo argomento un saggio storico intitolato La ricerca della lingua perfetta.

P. Albani - B. Buonarroti, Aga magéra difúra. Dizionario delle lingue immaginarie, Zanichelli, Milano.

A. Bausani, Le lingue inventate, Ubaldini, Roma, 1974.

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