venerdì 24 dicembre 2021

Kurt Gödel, il genio della logica

1. Il più grande logico di tutti i tempi. Il migliore amico di Einstein.

Kurt Gödel è stato il più importante logico matematico del XX secolo ed è anche considerato uno tra i più importanti logici di tutti i tempi. Tuttavia la sua opera è quasi del tutto sconosciuta al grande pubblico. Negli ultimi anni, la sua immagine e il suo nome hanno cominciato a circolare perché Gödel era amico di Albert Einstein e ci sono numerose fotografie che li ritraggono insieme.

I due erano profondamente diversi, praticamente agli antipodi. Albert Einstein era molto gioviale e riusciva a comunicare facilmente le proprie idee e il proprio ottimismo agli altri. Al contrario, Kurt Gödel era molto timido e riservato, estremamente riflessivo e attento nel misurare le parole e nell’impostare i ragionamenti. Einstein ha espresso pubblicamente le proprie convinzioni filosofiche e politiche. Al contrario, Gödel non rese pubbliche le proprie opinioni su argomenti religiosi, filosofici e politici.

La fama di Einstein è strettamente legata alla formula E=mc2, che è anche un modo per fissare e sintetizzare la sua figura e la teoria della relatività. Anche altri fisici del XX secolo sono diventati famosi perché hanno scoperto delle leggi che possono essere scritte con delle formule molto brevi.  come ad esempio, il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg o l’equazione di Paul Dirac.

Gödel, purtroppo, non ha avuto questa stessa fortuna. Ha elaborato teoremi fondamentali per la logica matematica, come i teoremi di incompletezza pubblicati nel 1931, ma essi non sono facilmente sintetizzabili in una formula o in una frase ad effetto.

Kurt Gödel era nato nel 1906 a Brno, nell’attuale Repubblica Ceca, che a quel tempo era parte dell’Impero austro-ungarico. La sua era una famiglia molto agiata. Il padre dirigeva una fabbrica tessile. Ciò gli permise di trasferirsi a Vienna per studiare all’università. In un primo tempo si dedicò alla fisica teorica e alla filosofia, ma ben presto, la sua mente fu attratta dalla regina delle scienze: la matematica ed in particolare la teoria degli insiemi e la logica matematica. Gödel conseguì prima una laurea in matematica e poi una seconda laurea in filosofia (1930).

2. La crisi dei fondamenti della matematica. I teoremi di Gödel.

Nei primi anni del XX secolo, la matematica era attraversata da una grande crisi. Nella teoria degli insiemi infiniti emergevano contraddizioni e paradossi. Georg Cantor, uno dei pionieri di questa materia era morto nella convinzione di essere lo “scriba di Dio” e di avere impostato in modo corretto la teoria degli insiemi. Purtroppo non era così. Il “paradiso di Cantor” creato appositamente per i matematici era diventato un “grande inferno”.

Per risolvere questi problemi, i matematici avevano proposto varie soluzioni (psicologismo, l’ideografia di Frege, il logicismo di Russell, il formalismo di Hilbert, l’intuizionismo di Brouwer).

Nel 1931, Kurt Gödel pubblicò un articolo in cui esponeva i teoremi di incompletezza. Con il primo teorema di incompletezza, dimostrava che, all’interno di un sistema logico-formale, ci possono essere delle proposizioni che generano delle contraddizioni. Queste proposizioni possono generare una vera e propria trappola: se si tenta di dimostrarle si ha una contraddizione, se si rinuncia a dimostrarle, il sistema sarà privo di contraddizioni, ma sarà mancante di una dimostrazione. Con il secondo teorema di incompletezza Gödel dimostrò che tale situazione può capitare con la formula di coerenza di un sistema logico-matematico, ossia una particolare formula che garantisce l’assenza di contraddizione di un dato sistema matematico. Negli anni successivi il logico matematico estese ancora di più i propri risultati. Dimostrò che proposizioni indecidibili possono essere dimostrate se si passa a sistemi logico-matematici più ampi. Dimostrò che le modifiche e le estensioni di un sistema matematico possano generare nuove proposizioni indecidibili.

In un primo tempo, i logici matematici non prestarono molta attenzione ai risultati di Gödel perché pensavano che queste situazioni riguardassero proposizioni secondarie e trascurabili della teoria degli insiemi. Con grande stupore dei matematici di tutto il mondo, il grande Maestro della Logica e successivamente Paul Cohen riuscirono a dimostrare che l’indecidibilità può riguardare teoremi importanti della teoria degli insiemi (ipotesi del continuo).

3. L’assassinio di Schlick.

Nel 1933, Hitler prese il potere in Germania e instaurò la dittatura in Germania. Questo determinò un peggioramento della situazione nella vicina Austria. Gödel se ne rese conto immediatamente quando rientrò in patria dopo un soggiorno di studio presso l’Institute for Advanced Studies di Princeton. Ad aggravare l’atmosfera si aggiunse l’uccisione di Moritz Schlick da parte di uno studente nazista.

Tale assassinio determinò una vera e propria crisi in Gödel che lo conosceva e lo frequentava da molto tempo. Schlick era, soprattutto, uno degli animatori del cd. Circolo di Vienna, un gruppo di matematici, fisici e scienziati che si riuniva per discutere di problemi scientifici. Quasi tutti i membri del circolo erano di origine ebraica. L’assassinio spinse tutti i membri a lasciare l’Austria per cercare riparo altrove. Alcuni come Rudolf Carnap decisero di trasferirsi negli Stati Uniti, Wittgenstein raggiunse l’Inghilterra, Karl Raimund Popper (1902-1994) ottenne un posto di docente in Nuova Zelanda. Gödel prese armi e bagagli e con la moglie intraprese un lunghissimo viaggio in treno attraverso la Russia. Raggiunto il Pacifico, passò in Giappone. Da lì si imbarcò per gli Stati Uniti e raggiunse Princeton. Il suo amico Albert Einstein lo aiutò per ottenere la cittadinanza americana.

4. Docente a Princeton.

Gödel ottenne una cattedra presso l’Institute for Advanced Study di Princeton grazie anche all’aiuto di Albert Einstein, John von Neumann (1903-1957) e vari altri matematici e scienziati emigrati dall’Europa negli Stati Uniti. Continuò ad insegnare e a pubblicare articoli di logica matematica in particolare sull’ipotesi del continuo.

La sua amicizia con Albert Einstein divenne sempre più stretta. I due compivano spesso lunghe passeggiate e conversazioni. Questi incontri hanno sicuramente avuto una notevole influenza su Gödel in quanto lo indussero a interessarsi della fisica e soprattutto della cosmologia. Gödel elaborò intorno al 1947 un modello cosmologico di un universo rotante in cui non esiste un concetto privilegiato di tempo universale.

Negli anni successivi, prima Albert Einstein e poi John von Neumann morirono. Queste due perdite lo segnarono profondamente.

5. Nachlass… Il disperato tentativo di ridurre tutto ad Unità

Nell’ultima parte della sua vita, Gödel riprese a studiare filosofia e teologia perché voleva ardentemente costruire un sistema filosofico e scientifico.

I suoi filosofi di riferimento erano tre: Leibniz, Husserl e Hilbert. Il suo sistema aveva come punto di partenza Dio, che era concepito come Monade Centrale (Leibniz). Attorno ad esso, immaginava di determinare alcune idee e concetti fondamentali. Per la loro comprensione riteneva importante la fenomenologia di Edmund Husserl. Questo sistema doveva essere congegnato come un sistema formale assiomatico come quelli sviluppati da David Hilbert.

Gödel si impegnò per anni su queste questioni. Il suo progetto rimase in uno stato frammentario. L’unità della scienza e il progetto di un sistema filosofico-scientifico omnicomprensivo rimasero solo dei desideri irrealizzati.

Nell’ultimo volume della sua opera omnia, in cui sono raccolti i frammenti postumi, si trova anche una nuova formulazione della prova ontologica dell’esistenza di Dio, una celebre argomentazione sviluppata da Sant’Anselmo d’Aosta (1033-1109) nel Proslogion. Per tutta la vita, Gödel professò la fede luterana. Credeva nell’esistenza dello spirito e aveva anche un certo interesse per la demonologia. Non riuscì mai a completare e pubblicare i saggi su questioni filosofiche perché non li riteneva maturi e perfetti.

Dopo la sua morte, le sue opere sono state raccolte in un’edizione che è composta di soli 6 volumi. Il più grande logico di tutti i tempi ha pubblicato solo alcuni articoli su riviste specialistiche, brevi memorie e saggi su filosofia della scienza. Era noto per la pignoleria e la scrupolosità con cui preparava i propri lavori. Probabilmente la costruzione di un sistema filosofico-scientifico unico era troppo difficile da realizzare anche per una mente acutissima e geniale come quella di Gödel.

venerdì 17 dicembre 2021

Ludwik Zamenhof, l’Esperanto e il progetto di una lingua universale

1. La ricerca di una lingua universale.

Nel corso della storia numerosi intellettuali, filosofi, teologi, maghi, diplomatici hanno affrontato il problema della molteplicità delle lingue nel mondo. Secondo la Bibbia, tale fenomeno sarebbe la punizione di Dio per un peccato di superbia compiuto dagli uomini. In molte culture, si è diffusa l’idea che sia possibile lavare e curare la ferita della molteplicità delle lingue con una lingua perfetta, una lingua universale.

Alcuni cabalisti e maghi come John Dee e Jacob Bohme hanno cercato di ricostruire la lingua originaria dell’umanità. Altri come John Wilkins e George Dalgarno hanno cercato di costruire una lingua che esprimesse in modo perfetto la natura più intima delle cose attraverso un simbolismo ardito. Altri ancora hanno cercato di costruire una lingua con una grammatica semplice e con vocaboli che tenessero conto delle radici comuni alle varie lingue. È il caso dell’esperanto.

L’inizio del Padre nostro nell’essay di Wilkins

Opera di Dalgarno

2. Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917)

Il progetto di una lingua universale è stato diffuso al di fuori dei cenacoli dei linguisti e degli intellettuali dal medico Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917). A Białystok, sua città di origine vivevano quattro gruppi etnici: russi, polacchi, tedeschi ed ebrei. Ciascuno di questi gruppi parlava una lingua diversa e aveva relazioni precarie con i membri degli altri gruppi. Questa situazione traumatizzò sin dalla giovinezza il giovane Ludwik e lo portò a pensare che “la diversità di lingue è la sola causa o almeno la principale che allontana la famiglia umana e la divide in fazioni nemiche”.

A partire dal 1878 cominciò ad elaborare un progetto di lingua universale. Tale ricerca lo pose in urto con il padre che gli tolse i manoscritti e li bruciò. Gli impose di non occuparsi di tali argomenti e di intraprendere lo studio della medicina.

Zamenhof si trasferì a Mosca dove conseguì la laurea in medicina, si specializzò in oftalmologia e continuò gli studi sulla lingua e sull’origine delle lingue. Nel 1887 pubblicò Unua libro, il primo libro della  lingvo internacia,  la lingua internazionale, sotto lo pseudonimo di “Doktoro Esperanto”. Questo testo contiene le 16 regole fondamentali dell’esperanto e i primi 900 vocaboli. Scriveva nel libro queste parole: “sono cosciente che nella propria vita privata ogni uomo ha il pieno e insindacabile diritto di parlare quella lingua o dialetto che per lui è il più piacevole, e confessare quella religione che maggiormente lo soddisfa, ma nella comunicazione con uomini di altre lingue o religioni deve adoperarsi di usare una lingua neutrale e vivere secondo etica e costumi neutrali.”.

Il libro fu pubblicato prima in russo, poi in ebraico e polacco, e subito dopo, nelle lingue occidentali, man mano che si formavano circoli esperantisti nei vari stati europei. Zamenhof fondò anche una rivista: La Esperantisto.  

Tra i primi e più entusiasti sostenitori dell’esperanto ci fu Lev Tolstoj. Nel 1905 ebbe luogo il primo, solenne, congresso internazionale esperantista, a Boulogne-sur-Mer (Francia), dove presero parte 688 esperantisti provenienti da svariati stati e tra gli altri anche il Ministro della Pubblica Istruzione francese, il sindaco di Parigi, e diversi scienziati famosi.

La sua fama raggiunse l’apice in quegli anni tanto che Doktoro Esperanto fu candidato ben 12 volte al Premio Nobel per la Pace. Morì nel 1917 in profonda angoscia per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

3. L’ Homaranismo.

Zamenhof collegò l’esperanto ad una propria filosofia denominata Homaranismo, che è una forma di umanesimo laico.  Secondo questa visione l’umanità è considerata come “un’unica famiglia”, e purtroppo “la separazione dell’umanità in diverse etnie reciprocamente nemiche e in comunità etnoreligiose è una delle più grandi infelicità che presto o tardi devono scomparire.”. Così scrive nel primo principio della Dichiarazione sull’Homaranismo.

Il secondo principio è estremamente eloquente: “Vedo in ogni uomo solo un essere umano, e lo valuto solo secondo il suo valore personale e le sue azioni. Considero come una barbarie qualsiasi tipo di offesa o di oppressione nei riguardi di qualcuno che abbia un’etnia, lingua, religione o classe sociale differente dalla mia.”. Questo principio sarà accolto nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo dell’ONU.

Il terzo principio è un rifiuto del nazionalismo: “Sono cosciente che ogni paese appartiene né a questa né a quella etnia, bensì in egual diritto e in egual misura, a tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro origine, lingua, religione o ruolo sociale; l’identificazione degli interessi di un paese con gli interessi di questa o quella etnia o religione e qualsiasi tipo di diritti storici presunti su quali si fonderebbe la pretesa di una sola etnia di governare sulle altre e di disconoscere a loro il più elementare e naturale diritto alla patria, io li considero come un residuo dei tempi barbari, quando esisteva solo il diritto del pugno e della spada.”.

4. Alla diffusione dell’esperanto ha contribuito moltissimo la massoneria internazionale con tutte le inevitabili speculazioni da parte dei giornali e dell’opinione pubblica. I critici danno per scontato che Zamenhof fosse massone, anche se non esiste alcun documento presso la Gran Loggia di Polonia in tale senso.

Il messaggio dell’esperantismo fu accolto dal Baha’ismo una religione nata in Persia e lì perseguitata. Lidia, la figlia di Ludwik Zamenhof ed illustri esperantisti come Alessandro Bausani vi aderirono.

Nonostante il successo, l’esperanto e le associazioni ad esso collegate non ebbero vita facile. Nel 1920 fu presentata una petizione in favore dell’esperanto alla Società delle Nazioni che fu bloccata dal voto contrario del governo francese. Qualche anno più tardi, Hitler condannò nel Mein Kampf sdegnosamente l’esperanto, l’esperantismo e qualsiasi progetto di lingua universale. Alcuni membri della famiglia di Ludwik Zamenhof furono sterminati nei campi di concentramento nazisti.

Anche l’Unione Sovietica di Stalin si affrettò a bandire l’esperanto. In molti stati totalitari, gli esperantisti furono perseguitati e uccisi.

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale le organizzazioni internazionali come l’ONU, l’UNESCO e l’Unione Europea hanno avuto modo di occuparsi dell’esperanto e di una sua eventuale introduzione.

Sulla necessità sono tornati spesso alcuni linguisti come il già citato Alessandro Bausani (1921-1988), autore tra l’altro di Le lingue inventate e soprattutto Mario Pei (1901-1978) che ha pubblicato One language for the world.  Su internet esistono numerose associazioni di costruttori di lingue (https://conlang.org/). Ci sono anche i software che permettono persino di elaborare gli alfabeti e i dizionari.

Addirittura Berlinghiero Buonarroti e Paolo Albani hanno pubblicato Aga megera difura, un dizionario che raccoglie tutti i progetti di lingua internazionale, pasigrafie, lingue immaginarie, lingue sacre.

Il grande Umberto Eco ha dedicato a questo argomento un saggio storico intitolato La ricerca della lingua perfetta.

P. Albani - B. Buonarroti, Aga magéra difúra. Dizionario delle lingue immaginarie, Zanichelli, Milano.

A. Bausani, Le lingue inventate, Ubaldini, Roma, 1974.

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